Dieta mediterranea: ancora il nostro cibo?

Se siamo la culla della dieta mediterranea perchè i dati sulle malattie e l’obesità della nostra popolazione sono così peggiorati negli ultimi anni?
Perchè ci stiamo adeguando a modelli e stili di vita sbagliati?
E’ riduttivo parlare di dieta mediterranea solo in termini di alimentazione?
Ancel Keys, il padre della dieta mediterranea
Il concetto di dieta Mediterranea risale agli anni ’60, quando Ancel Keys, biologo
e fisiologo statunitense, coniò questo termine.
Sbarcato a Paestum al seguito della quinta Armata, egli rimase colpito dalle abitudini alimentari della popolazione del Cilento ed intuì che la bassa incidenza di malattie cardiovascolari nella popolazione fosse dovuta al tipo di alimentazione che adottava per tradizione secolare.
Basandosi su queste osservazioni, Keys avviò il celebre “Seven Countries’ Study”, studio epidemiologico che coinvolse 12.763 persone di età compresa tra i 40 e i 59 anni provenienti da sette paesi (Finlandia, Giappone, Grecia, Italia, Olanda, Stati Uniti e Jugoslavia) e che mise a confronto lo stile di vita e le diete adottate da queste popolazioni. I risultati confermarono la relazione tra la dieta seguita e l’incidenza di alcune malattie, chiarendo in particolare che il tipo di grassi utilizzati, e non la loro quantità, avevano una grande influenza sulle malattie cardiovascolari.

Infatti, tra le popolazioni del bacino Mediterraneo, che si cibavano in prevalenza di pasta, prodotti ortofrutticoli, moderate quantità di pesce e utilizzavano quasi esclusivamente olio di oliva come condimento, la percentuale di mortalità per cardiopatia ischemica era molto più bassa rispetto alla Finlandia e agli Stati Uniti, dove il regime alimentare quotidiano includeva molti grassi saturi di origine animale (burro, strutto, latte, formaggi, carne rossa).
La conclusione di questa ricerca portò Ancel Keys a definire la Dieta Mediterranea come lo stile di vita più adatto a vivere meglio e più a lungo.
E se lo dice lui che visse fino a 100 anni ci sarà da credergli o no?
Una dieta o molte diete?
Ma cosa vuol dire “seguire la dieta mediterranea”?
Intanto dovremmo capire se esiste la dieta mediterranea intesa come regime alimentare.
Tempo fa un articolo del New York Times (2014) titolava “La dieta Mediterranea non esiste. Il segreto della longevità è nascosto nei vicoli di Pollica“.
Grande entusiasmo tra la popolazione della cittadina del Cilento, ma noi comuni cittadini di grandi e stressanti città cosa possiamo prendere come linee guida per provare ad imitare le loro virtuose abitudini ?
Ma soprattutto, vista la vastità dell’area mediterranea e la varietà e complessità di culture, religioni, gradi di istruzione e di economia, sarebbe sicuramente più corretto parlare di “diete”.
L’argomento è vastissimo e numerose sono le analisi comparative tra le differenti abitudini alimentari dei paesi del Sud Europa.
Consigliamo senz’altro per la serie World Reviews in Nutrition and Dietetics della Karger Press, un libro del 2000 intitolato “Mediterranean diets“*, che è stato anche favorevolmente recensito dall’American Journal of Clinical Nutrition.
In quel libro si usa correttamente il termine al plurale, e si entra nel dettaglio comparativo delle varie abitudini alimentari della zona mediterranea.
La piramide alimentare
Anche le piramidi alimentari ispirate a questa dieta risentono di questa varietà e complessità. Ne sono state create e adattate diverse nel tempo dai nutrizionisti per tener conto sia delle differenti esigenze di alcune fasce della popolazione (es. anziani, bambini, ecc) sia delle mutate variazioni di stili di vita e di abitudini della popolazione mondiale.
Non esiste infatti un modello nutrizionale omogeneo, ma possiamo estrapolare alcune caratteristiche comuni a tutti questi paesi.
I 3 veri elementi comuni riscontrabili da Creta alla Spagna, dal sud Italia alla Tunisia sono:
- un’alta proporzione di alimenti di origine vegetale
- un moderato consumo di vino
- uso di olio d’oliva come fonte predominante di grassi alimentari
Una particolarità interessante e forse poco nota è che i popoli dell’area mediterranea consumano più grassi di quelli dei paesi del nord Europa†, ma la maggior parte di questo grasso viene fornito sotto forma di acidi grassi monoinsaturi derivanti dall‘olio d’oliva e di acidi grassi omega-3 derivanti da pesce, vegetali e certe carni come l’agnello. Al contrario, il consumo di grassi saturi è minimo

Evidenze a favore della dieta mediterranea
Decine di studi dalla prima uscita del lavoro di Ancel Keys si sono succeduti per dimostrare i benefici della suddetta dieta.
Studio spagnolo – 2013
Uno dei più importanti, uno studio spagnolo pubblicato nel 2013 dalla prestigiosa rivista medica “New England Journal of Medicine”‡, fu condotto da un team di ricercatori spagnoli su circa 7500 soggetti ad alto rischio cardiovascolare. Questi furono suddivisi in tre gruppi, un terzo fu indotto a usare una dieta di tipo mediterraneo ricca di grassi forniti da olio di oliva, un altro terzo usò una dieta mediterranea con uso di noci, e un gruppo infine adottò una dieta di controllo con pochi grassi. Alla fine dei circa 5 anni di osservazione, esaminando gli eventi cardiovascolari dei partecipanti, si arrivò alla conclusione che il gruppo di controllo che non aveva utilizzato la dieta mediterranea ebbe una maggiore incidenza di gravi eventi cardiovascolari
Lyon Diet Heart Study
Un altro studio molto simile al precedente fu il francese Lyon Diet Heart Study§ del 1988, condotto su 605 uomini e donne sopravvissuti a un primo attacco di cuore, che cercò di verificare se questa dieta contribuisse a ridurre le ricadute o le morti connesse a un secondo infarto. A metà del campione fu prescritta per cinque anni una dieta dell’American Heart Association, all’altra metà una dieta mediterranea. Dopo soli due anni e mezzo anche questo esperimento fu interrotto, perché i benefici della dieta mediterranea erano evidenti: riduzione del 70% delle morti per ogni tipo di causa e permanenza degli effetti positivi anche dopo diversi anni.
Meta analisi italiana
In tempi più recenti citiamo una meta-analisi¶ condotta su precedenti studi che mettevano in correlazione un indice di aderenza alla dieta con effetti sulla salute e sulle patologie.
Longevità e dieta mediterranea
Abbiamo più volte in questo sito citato gli esempi virtuosi di zone della terra dove la longevità è di casa. Queste zone, le cosiddette, “zone blu“, hanno nelle zone mediterranee una significativa rappresentanza.
Nell’isola di Ikaria, Grecia e nelle nostra Ogliastra, abbiamo sotto gli occhi un grande esempio di come uno stile di vita “mediterraneo” possa fare la differenza.
La varietà della Dieta Mediterranea, secondo uno studio dell’Università di Edimburgo, pubblicato recentemente sulla rivista Neurology#, aiuta a proteggere le funzioni cerebrali e mette in evidenza l’azione anti-aging sul cervello. I ricercatori hanno raccolto le informazioni sulle abitudini alimentari di 967 persone sane di circa 70 anni. Hanno constatato che chi aveva adottato un regime diverso, da quello mediterraneo, aveva subito la perdita maggiore di volume del cervello.
Patrimonio dell’Unesco e altri riconoscimenti
“La Dieta Mediterranea (dal greco diaita, o stile di vita) è molto più che un semplice elenco di alimenti. Essa promuove l’interazione sociale, poiché il pasto in comune è alla base dei costumi sociali e delle festività condivise da una data comunità, e ha dato luogo a un notevole corpus di conoscenze, canzoni, massime, racconti e leggende. La Dieta si fonda nel rispetto per il territorio e la biodiversità, e garantisce la conservazione e lo sviluppo delle attività tradizionali e dei mestieri
Nomination file no. 00394 for Inscription on the Representative List of the Intangible Cultural Heritage in 2010 – Nairobi, Kenya – November 2010
collegati alla pesca e all’agricoltura nelle comunità del Mediterraneo”
Con queste parole è stata descritta la Dieta Mediterranea, nel documento di presentazione alla commissione Unesco per l’iscrizione della dieta alla lista dei patrimoni immateriali dell’Umanità.
La prestigiosa Lista dell’UNESCO, che raccoglie gli elementi del patrimonio culturale immateriale considerati rappresentativi dell’umanità, constava nel 2010 di 166 elementi (tra cui il Tango argentino e la calligrafia cinese) di cui due italiani: l’Opera dei Pupi siciliana e il Canto a tenore sardo. La Dieta Mediterranea si va perciò ad aggiungere come terzo elemento italiano agli altri due.
Inutile sottolineare l’importanza di questo avvenimento e la sua risonanza a livello mediatico che ha sicuramente contribuito al rilancio della dieta e della cultura mediterranea a livello mondiale.
Ricordiamo l’importante riconoscimento ottenuto per il 2020 con il primo posto tra le diete assegnato dalla prestigiosa rivista Usnews, ribadendo una fama che forse oltreoceano è addirittura più conclamata che da noi.
Perchè i detrattori
Nel corso del tempo la dieta mediterranea ha vissuto della duplice fama di elisir di lunga vita e buona salute e negativa per quanto riguarda una presunta indulgenza verso i carboidrati.
Per questo particolare la dieta ha avuto tra i principali accusatori soprattutto sostenitori delle diete low carb, paleo, iperproteiche, chetogeniche, digiuni vari.
Un famoso biochimico e nutrizionista del passato, John Yudkin, entrò in conflitto con le idee del dott. Keys, sostenendo che le vere cause dei disturbi cardiovascolari andassero ricercate nel consumo di zuccheri, non di grassi saturi.
In particolare, nuovi guru della moderna dietetica-business dei tempi nostri, sparano a zero sulla dieta in oggetto, in realtà non dimostrando le loro affermazioni con studi scientifici.
Lemme definisce addirittura la dieta in oggetto “un’astrazione pseudoscientifica”, frutto di una campagna di propaganda sponsorizzata dal ministero dell’agricoltura negli anno 80.
Panzironi gli attribuisce un bel pò di malanni.
Ma con quali argomentazioni scientifiche?
Forse ben più fondate sono le critiche ad un modello alimentare che di fatto forse non è mai esistito come lo intendiamo noi o lo hanno voluto intendere alcuni sostenitori. Secondo alcuni, lo stato di salute positivo e l’assenza di particolari patologie e di obesità dei paesi dell’area mediterranea sono in forte correlazione con una frugalità nei consumi e un’attività fisica giornaliera anche molto intensa. Si pensi infatti alle popolazioni rurali a basso reddito soprattutto del sud italia e di paesi tipo Grecia del dopoguerra, dove si era praticamente obbligati ad una dieta ipocalorica unita a pesanti lavori dei campi.
Esiste ancora la dieta mediterranea?
Purtroppo sempre maggiori evidenze attestano che non abbiamo solo smesso di mangiare i cibi dei nostri avi, ma, soprattutto, abbiamo modificato pesantemente il nostro stile di vita, basato ormai su comportamenti tipici delle civiltà avanzate.
L’utilizzo sempre più massivo di cibi preparati, o ancora peggio, veri e propri Junk-food, dalla scarsa densità nutritiva, veri e propri contenitori di calorie vuote, unito ad una sempre maggiore propensione al sedentarismo, all’aumento del fumo e dell’alcol stanno determinando i preoccupanti fenomeni di aumento dell’obesità anche infantile e di una serie di patologie cardiovascolari.
Ma soprattutto è il nostro patrimonio culturale fatto di tradizioni, cultura, eventi sociali che sta subendo una forte involuzione verso modelli di tipo più “occidentale”.
Recentemente è uscito un libro che presenta spunti interessanti e che ha ispirato il titolo di questo articolo.
Il libro di Maurizio Sentieri “Cibum nostrum– Mito e rovina della dieta mediterranea ” racconta lo scenario di completo dissolvimento di un patrimonio che, parafrasando il premio dell’Unesco, si è fatto appunto “immateriale” nel senso di ectoplasma.
Se vi interessa approfondire, trovate il link qui sotto
![]() | Mito e rovina della dieta mediterranea |
Limiti attuali e futuro dell’approccio mediterraneo
A chi ci possiamo affidare per non vedere svanire questo immenso patrimonio non solo italiano?
Basteranno le iniziative dell’Osservatorio per la dieta mediterranea oppure gli sforzi del Centro studi sulla Dieta Mediterranea, della fondazione di Pollica dedicata ad Angelo Vassallo?
Avranno ascolto le grida di allarme della Coldiretti sulle nuove etichette nutrizionali (semaforo inglese, nutriscore francese o i bollini neri cileni) che sembrano favorire cibi di bassa qualità proprio a scapito delle nostre eccellenze alimentari?
La sfida non è solo di tipo meramente campanilistico ma si tratta di salvare una cultura culinaria e uno stile di vita che ci fa stare meglio e ci allunga la vita.
- *A. Simopoulos and F. Visioli (Eds.) “Mediterranean diets”. (2000) World Review of Nutrition and Dietetics, vol 87, Karger Press.
- †A. Simopoulos and F. Visioli (Eds.) “Mediterranean diets”. (2000) World Review of Nutrition and Dietetics, vol 87, Karger Press.
- ‡https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/29897866/
- §https://www.ahajournals.org/doi/full/10.1161/01.cir.99.6.779
- ¶Sofi F. et al. Mediterranean diet and health status: an updated meta-analysis and a proposal for a literature-based adherence score. Public Health Nutr, 2014; 17: 2769-82.
- #Michelle Lanciano, Jan J Deary: “Mediterranean-type diet and brain structural change from 73 to 76 years in a Scottish cohort” (Neurology, 2017);